giovedì 6 maggio 2010

La pioggia m'infradicia sempre l'anima secca.

Voglio perdermi con la mia ombra
per far finta di odiare il sole.
Voglio perdermi in un antro buio
per sentire più nitida l'umidità
che filtra dai miei pensieri e cola
goccia dopo goccia sui miei occhi chiusi.
Credo - parlando con me - che sia
solo un po' di vaga confusione,
e non parlo il linguaggio
della mia Povertà:
lei non mi capisce,
sicuramente io l'ascolto.
Il suono della sua voce tradisce
la mia Ricchezza,
col ticchettìo metallico
dell'aritmìa dei deliri infantili & distorti
dei ricordi lontani
di una pioggia battente.

Con i folli nudi che ballano
al ritmo sincopato delle pozzanghere
nei sogni inutili, perchè specchi infranti
di antiche illusioni.
Ascoltate! piccoli cretini del nuovo Oggi
quanto si soffre
limandosi i nervi fino alle ossa,
senza capire il perchè sciocco
delle azioni stridenti.
Inquiete figure si esibiscono
ed il pubblico si tiene a distanza:
immobile fissa il Presente,
che scrive i ricordi sulla memoria confusa
dei postumi di domattina.
Assenza di sè infognata d'Assenzio:
pregiati distillati di pupille
e tu in piedi, 
un folle o un idiota 
- lei pensa - che gioca
sul riverbero delle grida,
sull'eco che scivola
perdendo l'equilibrio
e scivola, perdendo sensibilità
alle dita.

Portami via il ferro dal Sangue,
barattalo con un po' di terra,
un goccio di miele e due sogni nuovi.
Vorrei vivere il fondo dei bicchieri
tra l'alone delle lune e
i tuoi sandali di desideri scalzi.
Inspira & poi sputa un po' di cemento,
ringrazia, e poi sputa
un po' di tombini rullanti.
Pian piano con un po' di serietà
le bambine si avvicinano alle distorsioni
e si strappano quelle ridicole ali di cartapesta.

Annuisce l'eremita saggio
sulla collina di pietra,
quella che lenta sprofonda
nell'inquietudine ancestrale
- fanno peggio del loro senso comune
e sono abbastanza stupide
da sembrare a loro agio -
eppure il vecchio immobile annuisce.
È così che deve finire il divertimento:
nell'occhio del ciclone.
Fate impazzire le bambine,
chiedono dalla folla.

Schiudi le braccia!
forse pensa di sè la piccola
col battito d'ali dietro le palpebre.
Si sorride per sforzo, mica per altro
sembra pensare la piccola ninfa
mentre regola la campionatura
dei propi nervi.

Pare che il silenzio stoni
più dei pensieri dissonanti,
più degli inizi inutili,
poi d'un tratto i suoni meno nitidi
diventano quelli più intensi
- e le mani timide & sudate
si rifugiano in tasche strette,
e pose plastiche impediscono
di riconoscersi nelle vibrazioni.
Troppi nodi d'acciaio in pori
fondamentali per sudare,
troppo goffo il movimento del timpano.
Grave - pensa lei - aver sorriso 
senza mostrar labbra, denti ed occhi.

Ma incapace di definirsi s'inciampa
nel movimento armonico delle dissonanze
nei desideri impliciti,
quelli nascosti, quelli registrati
per sbobinarli e riascoltarli intimamente
tra le proprie cosce.
Si bagna tra le gambe e non lo sa,
si bagna tra le gambe e non lo sa,
mi sto bagnando tra le gambe
e per sbaglio
                      viene,
mordendosi le unghie.
Forse è un errore acustico,
una scarica di tuoni,
forse è l'ululato degli incubi che nasconde,
ma è così che le scappa un sorriso,
e applaude.

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